Una migliore qualità della spesa è necessaria per eliminare la disuguaglianza

Migliorare la qualità della spesa è necessario anche per eliminare l’attuale livello di disuguaglianza

di Giulio Santagata

Le spese fiscali sono tutte quelle detrazioni, crediti di imposta, esenzioni o riduzioni di base imponibile o di imposta che determinano minori entrate per le casse pubbliche e vantaggi fiscali per specifici gruppi di contribuenti. Sono strumenti alternativi a programmi di spesa che sono stati adottati per perseguire determinate politiche pubbliche.

Il problema è che è una giungla: non si conosce esattamente il numero delle misure, il costo, l’efficacia ai fini della realizzazione delle politiche pubbliche per le quali le spese fiscali sono state adottate. Per molte non si conosce neanche il numero dei beneficiari. Secondo il Rapporto 2016 dell’Ufficio Valutazione d’Impatto del Senato, del 42 per cento delle misure (per un costo complessivo di circa 20 miliardi di euro) non si conosce il numero dei beneficiari, mentre di quelle di cui il numero si conosce, i dati non sono più confortanti, 35 misure hanno meno di mille beneficiari, 21 tra mille e 10 mila, 32 tra 10 mila e 30 mila, su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti e su milioni di imprese. Il Rapporto ha censito per il 2016 825 misure e sommando quelle di cui è noto il costo raggiunge una somma di 76,5 miliardi.

 Da anni l’Ocse, il Fondo Monetario e l’Unione Europea suggeriscono all’Italia d’intervenire sulle spese fiscali, per rendere il sistema più semplice e più trasparente e il prelievo più equilibrato.

La lista “Insieme”,  d’ispirazione ulivista che alle prossime elezioni si presenta alleata con il Pd, ha messo al centro delle sue proposte una riflessione seria sulla necessità di cominciare a disboscare questa giungla partendo dai provvedimenti il cui valore è inferiore a 500 milioni, il cui impatto non è generale. Complessivamente si tratta 10,5 miliardi di euro che proponiamo di destinare per 2 miliardi ai fondi per la lotta contro la povertà e per 8,5 miliardi all’aumento degli assegni familiari.
La crisi demografica e l’invecchiamento della popolazione sono, infatti, problemi enormi per l’Italia e le politiche di sostegno alle famiglie con bambini sono inadeguate. Per questo noi proponiamo di rafforzarle sostanzialmente dando un supporto concreto e non marginale, facendo tutto ciò senza aumentare la pressione fiscale.

Questo dovrebbe essere il primo passo, il secondo è quello di aggredire le spese fiscali di cui non si conosce il numero dei beneficiari – sono oltre 20 miliardi di euro – da destinare, sempre senza aumentare la pressione fiscale, all’aumento della no tax areaed alla riduzione del cuneo fiscale sui redditi da lavoro.

Ci saranno molte piccole ma agguerrite lobby da scontentare, ma siamo convinti che quei mille rivoli che vanno a premiare interessi particolari sia meglio destinarli a politiche di interesse generale per costruire una società più coesa, meno diseguale e più competitiva. E anche, perché no, per avere un fisco più semplice e più giusto.

Questo articolo è uscito su Huffington Post

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Source: INSIEME

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