Macerata: non è il tempo del silenzio

di Monica Frassoni 

Dopo i fatti di Macerata e lo squallore di una egemonia del dibattito politico ed elettorale nel quale Salvini riesce ad avvantaggiarsi perfino del gesto terrorista di un suo oscuro militante, sono sempre più convinta che con quattro specifiche azioni da mettere in campo in contemporanea, in modo trasversale e massiccio si può iniziare a ribaltare questa odiosa e sempre più pervasiva legittimazione di tutte le derive razziste e fasciste che ci troviamo ad affrontare, dal “non sono razzista ma…” al tipo che spara con il tricolore addosso.

IL RAZZISMO È UN REATO;
La prima è la tolleranza zero. Zero tolleranza per Salvini che alla fine giustifica assolutamente tutto con una invasione inventata di migranti assatanati. Zero tolleranza per un razzista che tranquillamente si congratula con se’ stesso perché vede il suo consenso crescere per via della difesa della razza bianca. Zero tolleranza per chi non si fa curare da un medico nero.

Zero tolleranza per chi mette in giro immagini sgozzate di Laura Boldrini. Zero tolleranza significa non cedere anche noi, così gentili e civili, all’idea che tutto questo in fondo non è grave e che qualche ragione c’è. Non c’è alcuna ragione per la quale a 72 anni dagli orrori dei campi di concentramento ci troviamo ancora a fare i conti con fascisti che di solito non ne conoscono la storia, razzisti ed estremisti propagatori di odio. Esistono leggi che puniscono la propaganda razzista e la discriminazione o l’apologia del fascismo; ma non vengono quasi mai applicate, per sottovalutazione del rischio e perché non si sono viste da subito le conseguenze della legittimazione del razzismo e della xenofobia iniziata molti anni fa, con l’ingresso della Lega nei salotti buoni e con l’ossessivo tam tam mediatico che tutto giustifica. Sarebbe il caso di rispolverarle queste leggi, spiegandone il senso, avendo il coraggio di ribadire il concetto che tra razzismo, istigazione alla xenofobia e libertà di espressione esiste un limite non valicabile. Tolleranza zero è anche ripensare e riorganizzare la mobilitazione trasversale anti razzista, pacifica e ottimista, e riavere l’ambizione di non stare mai dalla parte di quelli del “ma…” distinguendo il cinismo colpevole dei leader e dei fanatici dall’ignoranza e impressionabilità di chi decide di seguirli, cercando di capirne le ragioni e le paure.

PER BATTERE FAKE NEWS E BUGIE  PIU’ RISORSE E MIGLIORE APPLICAZIONE DELLE POLITCHE DI ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE

Secondo, basta con l’apatia e la superficialità anche di tanta parte del mondo progressista e mainstream, che pensa che in fondo in fondo è vero che in Italia c’è un’invasione, che bisogna difendersi e che quest’idea della società multiculturale e una grande baggianata. Non è vero. Però sembra vero. Quindi, lotta alle fake news a parte, credo che un’altra priorità sia quella di lavorare moltissimo sul miglioramento della qualità dell’accoglienza. Anche per evitare il più possibile di mettere in contrapposizione gli ultimi e i penultimi e per rimediare all’obbiettiva realtà di situazioni di degrado difficili da gestire e ai fenomeni di corruzione e mala-gestione che sono stati facile pretesto per svilire anche le esperienze di accoglienza positive. Non essere d’accordo con la destra e l’estrema destra non significa non riconoscere che il problema c’è e va governato. I venti anni di governo Lega-FI ma anche l’incapacità del PD o di molti dei suoi leaders di adeguarsi al fatto che questo è un fenomeno da governare e non da mettere fuori dalla porta, ha convinto molti sedicenti progressisti a cercare di raccattare consenso correndo dietro alla Lega, anche con l’ignobile criminalizzazione delle ONG piuttosto che presentando una visione e soprattutto un’azione efficace e alternativa. Quindi niente particolare attenzione all’integrazione. Tagli al sociale. Poca valorizzazione di esperienze di integrazione positiva e declino dello SPRAR perché i sindaci perdono consenso, chiusura delle vie legali di immigrazione, il problema perdurante dei CIE.  Amministrazione inefficiente sul trattamento di domande di asilo. Tutto questo dal punto di vista politico è stato alla fine un assist alla destra: rinunciare a presentare una vera alternativa e non valorizzare le politiche di integrazione non ha fatto altro che mettere nella zucca di molti cittadini che Salvini ha ragione e che il governo ha una politica di « immigrazione incontrollata » solo parzialmente moderata dalle ultime misure di Minniti, che non impediscono morti e sofferenze indicibili per migliaia di persone e che la destra si candida a continuare e potenziare, in modo assai più credibile che il centro-sinistra. Tutte cose che poi diventano decisive nell’orientamento dell’opinione pubblica, soprattutto in un contesto di attenzione zero rispetto al perdurante squilibrio nelle presenze TV dei vari Salvini e destrorsi, e non solo nelle TV dell’ex Cavaliere, peraltro di nuovo strumenti di propaganda faziosa come a ogni appuntamento elettorale.

E cosi pochi valorizzano il fatto incontrovertibile che la più grande fabbrica di clandestini sono stati proprio il terzetto Berlusconi, Maroni e Fini, con il reato di immigrazione clandestina ma anche con i mille cavilli e difficoltà, che con la legge Bossi-Fini mai eliminata, rendono molto difficile e spesso doloroso per molti immigrati di restare nella legalità e sentirsi parte della nostra società.

CULTURA CULTURA : NO A « Italians first » si ALL’APERTURA AL MONDO : MA STATO DI DIRITTO, UGUAGLIANZA E LAICITà NON SONO NEGOZIABILI

Che tanti cittadini pensino ancora che i bianchi siano una razza superiore, che la ns cultura sia in pericolo, che i musulmani siano tutti estremisti non è però solo un problema di crisi economica. È anche una questione di ignoranza e rancore, di scarso interesse per gli altri e per la loro cultura: un altro effetto devastante del leghismo. Restiamo nelle nostre valli, mangiamo il nostro cibo, parliamo il nostro dialetto, e fuori chi è diverso. Nella versione salvinian-meloniana diventa naturalmente l’Italia agli italiani, sottinteso che solo noi fortunati indigeni italici possiamo avere diritto di parola nel nostro paese.
Il terzo elemento della riscossa è dunque carattere culturale e filosofico e va affrontato senza inutili borie e senso di superiorità, ma con un sincero spirito “pedagogico” che mira a ri-spiegare perché, dopo anni di guerre e orrori, i valori di solidarietà, diritti umani, società aperta non solo sono ancora validi ma rappresentano l’unica vera difesa contro la disgregazione del nostro vivere civile: Vi immaginate quello che ci aspetta dopo il 5 marzo se la destra vince e si lancia una caccia allo straniero con l’obbiettivo di espellere 600.000 persone senza se e senza ma (ne sono state rimpatriate a gran costo per le casse pubbliche circa 6000 l’anno scorso..)? Non capisco perché si esiti a rendere espliciti i rischi di violenza e di rottura della già esile coesione sociale che la ricetta di Salvini comporterebbe. Non capisco assolutamente la logica del “non fare polemiche” che hanno sposato il M5Stelle e il PD dopo i fatti di Macerata.

Se non riconquistiamo i cuori e le menti di coloro che si fanno incantare dai vari odiatori ignoranti e cinici che negano la loro responsabilità nel degrado di questo paese vinceranno ancora loro e sarà sempre peggio. E invece la sfida è rendere desiderabile o comunque positivo per chi arriva e chi riceve questo “incontro”.

Altro che buonismo futile. È un lavoro che deve coinvolgerci tutti, politici, esponenti della cultura, dell’economia, della società e che dovrebbe essere in qualche modo “organizzato”; e che andrebbe “applicato” anche a coloro che arrivano da noi da terre lontane e molto diverse dalle nostre: non vuoi che tua figlia faccia ginnastica con gli altri ragazzi? La obblighi a sposare uno del “paese”? Non permetti a tua moglie di imparare l’italiano o non lo impari neppure tu? Ti mettiamo alle costole assistenti sociali e mediatori e alla peggio, applichiamo sanzioni. Investire nell’integrazione significa anche convincere chi arriva che qui tutti hanno gli stessi diritti e che non c’è posto per relativismi “culturali” che contrastano con alcune regole base della nostra vita democratica. Se non siamo inflessibili su questi elementi chiave che stanno alla base di conquiste sociali importanti, significa che il loro valore non viene riconosciuto neppure da noi e si apre la strada all’estrema destra, che rivendica la difesa tribale dell’etnia e non quella di valori universali che devono essere condivisi da tutta l’umanità.

Oggi non è il momento della prudenza e del silenzio. Ma della ripresa della battaglia vecchia forse, ma oggi più che mai necessaria contro razzismo, xenofobia e fascismo. Certo ci vogliono parole ed energie nuove. Che, purtroppo oggi sembrano drammaticamente mancare.

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Source: INSIEME

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